Vinnie Travel
L’Epiro
è
la regione situata più a sinistra vedendo la cartina della Grecia al
confine con l’Albania. Una zona che si estende dalle catene montagnose
del Pindo alle bellissime coste fino a Preveza.
La regione è molto dura e aspra tanto che molti dei suoi abitanti sono
emigrati all’estero soprattutto in Germania. L’influenza della
dominazione turca è visibile all’interno della regione dove Ionnina,
il suo capoluogo, mostra affascinanti miscele di architettura ottomana
e tradizioni locali.
All’interno dell’Epiro troviamo la catena del Pindo che si estende dai
confini albanesi e macedoni fino allo Ionio e che comprende un parco
nazionale vicino alle Gole di Vikos (le seconde più lunghe
della Grecia dopo quelle di Sammaria a Creta) ed un altro vicino a
Metsovo che può essere considerato il confine est della catena ed il
monte Smolikas che con i suoi 2640 m è la seconda vetta greca.
In questa sezione suddividiamo alcuni itinerari possibili cha spaziano
dalla visita delle catene montuose fino all’arrivo alle Meteore
(celebri monasteri “sospesi nell’aria”) e la visita della zona
costiera.
Amministrativamente l’Epiro è suddiviso in 4 prefetture : Tesprozia,
Ioannina, Arta, Preveza.
Dal Punto di vista storico l’Epiro ebbe una fiorente civiltà
pre-ellenistica che vide la culla in Dodoni (Dodona) con il più antico
oracolo greco risalente al II° millennio a.c. e raggiunse il suo
culmine con il regno di Pirro nel III° secolo a.c. che diede il suo
nome alla regione. Successivamente fu sotto l’impero bizantino fino
alla sua caduta ed al predominio ottomano. Ali al Arslan Tepeleni detto
Ali Pascià di Ioannina agli inizi del 1800 si ribellò agli ottomani
dando una spinta verso l’indipendenza della regione culminata con la
repressione e la sua uccisione.
Il nome dell'Epiro deriva dall'antico nome Greco Aprios o Apeos che significa paese immenso infatti anticamente si indicava con questo nome l'intero territorio collocato a nord di Corinto distinguendo la terra ferma dalle isole ionie. La sua superficie oggi si estende per 9.000 km2.
Nell'antichità l'oracolo di Dodona era conosciuto in tutta la Grecia. Nell'VIII secolo a.c. la regione fu occupata dalla popolazione Illirica al cui interno si svilupparono delle dinastie quali i Caoni, i Trespoti e i Molossi. Tra quest'ultmini si evidenziò Theripas che unificò i regni come confederazioni, che successivamente si unirono alla Macedonia in virtù delle nozze di Filippo II il macedone con Olimpiade sorella di Alessandro I il molosso il quale sposò poi Cleopatra sorella di Alessandro Magno. Successivamente seguirono decenni di numerosi disordini che si conclusero quando nel 280 a.c. salì al trono Pirro.
Con Pirro ed il suo regno la regione vide il suo massimo splendore.
Dopo di lui il regno si andò sempre più indebolendo perdendo via via territori in seguito anche alle invasioni di altri popoli tra cui i Macedoni e i Romani. Durante le guerre Macedoni l'Epiro dapprima alleato romano si schierò col la Macedonia subendo, dopo la sconfitta di quest'ultima, saccheggi e distruzioni da parte dei romani fino a che fu aggregato nel 168 a.c. alla provincia romana di Macedonia.
Successivamente con la divisione dell'impero romano l'Epiro fu posto sotto la dominazione bizantina subendo nel 396 l'invasione dei Goti di Alarico I fino a che nel corso della IV crociata del 1204 dallo smembramento dell'Impero Bizantino nacque il Depostato d'Epiro.
Nel 1466 l'Epiro passò sotto l'Impero Ottomano.
Nel 1819 Ali Pascià Telepeni dichiarò l'indipendenza dagli ottomani del territorio composto dall'Epiro, dall'albania e da parte della Tessaglia dando impulso alla liberazione ed all'indipendenza di tutta la Grecia che si realizzò nel 1829.
Nel 1914 fu fondata la repubblica Autonoma del Nord dell'Epiro.
Pirro II (greco: Πύρρος/Pýrrhos, "il colore del fuoco, rosso-biondo"; 318 a.C. – Argo, 272 a.C.) fu hegemon dell'Epiro tra il 306 ed il 300 a.C. e di nuovo nel periodo 298 - 272 a.C.. Dal 306 a.C. fu re della sua gente, i Molossi, tribù preponderante dell'Epiro che dichiarava di discendere da Achille e dai Macedoni nei periodi 288-285 a.C. e 273-272 a.C. La storia lo accredita come uno dei principali antagonisti di Roma.
Dopo Alessandro Magno
Principe di uno Stato formatosi accanto alla Macedonia e che rifondò il proprio esercito ispirandosi a quello di Alessandro Magno, la giovinezza di Pirro fu tutto fuorché quieta. Poiché il padre, Eacide, era stato cacciato dal suo regno dai suoi sudditi in rivolta ed era deceduto di morte violenta, Pirro fu prima accolto da Glauco (re dei Taulanti, una delle più importanti tribù d'Illiria) e poi, all'età di tredici anni, fu rimesso al posto di comando che gli spettava. Fu nuovamente detronizzato da suo cugino Neottolemo II all'età di diciassette anni, mentre era fuori dal suo regno per assistere al matrimonio del figlio di Glauco, in Illiria.
Si rivolse dunque alla protezione di Antigono Monoftalmo, re di Macedonia, e del figlio Demetrio. Prese parte con loro alla IV guerra dei Diadochi, in particolare nella battaglia di Ipso in Frigia (301 a.C.), dove si distinse per le doti di comando. Demetrio, però, lo inviò come ostaggio a Tolomeo I d'Egitto nel corso dei negoziati che seguirono.
In quella condizione di semi-prigionia conobbe e sposò Antigone, figlia di Berenice, terza moglie di Tolomeo: strinse così un'alleanza che gli permise nel 298 a.C. di tornare nell'Epiro da sovrano, costringendo il cugino usurpatore a dividere il trono assieme a lui. Una diarchia che non durò molto, se è vero che Neottolemo morì avvelenato dopo qualche mese. Nel frattempo morì Antigone e Pirro si consolò risposandosi con Lanassa, figlia di Agatocle di Siracusa, che gli portò in dote Corcira, Ambracia, Leucade e l'Acarnania.
Nel 288 a.C. Forte di un esercito di 12000 uomini, Pirro approfittò dell'anarchia e del caos ancora ampiamente distruttivi nelle istituzioni dopo la morte di Alessandro Magno, per muovere guerra al suo fratellastro ed ex-alleato Demetrio: nel 288 a.C. aveva conquistato più della metà del regno macedone, anche grazie all'aiuto di Lisimaco di Tracia, e ne era diventato monarca. In tre anni di regno, Pirro dapprima riuscì a conquistare anche il resto delle terre un tempo possedute da Demetrio, per poi venirne scacciato da Lisimaco stesso.
La campagna militare in Italia
Nel 281 a.C. la città di Taranto, in Magna Grecia entrò in conflitto con Roma, e stava preparandosi a un attacco romano che avrebbe inferto una sicura sconfitta. Roma era già diventata una potenza egemone, e si muoveva con l'intenzione di sottomettere tutte le città greche dell'Italia meridionale. I tarantini mandarono una delegazione a Pirro, perché intervenisse e la salvasse dalla conquista romana. Pirro, già desideroso di vittorie, vide la possibilità di fondare senza sforzi un regno in Italia, nonché quella di conquistare la Sicilia ed espandersi in Africa; inoltre, fu incoraggiato nell'impresa dalle predizioni dell'oracolo di Delfi, nonché dall'aiuto del re di Macedonia Tolomeo Cerauno, il più forte dei suoi vicini.
Lo sbarco nell'Italia meridionale ed i primi successi (280-279 a.C.)
Pirro sbarcò in Italia nel 280 a.C. con 3000 cavalieri, 2000 arcieri, 1000 frombolieri, 20000 fanti e 19 elefanti da guerra.
Grazie alla superiorità della cavalleria e alla potenza degli elefanti egli batté nella battaglia di Heraclea i Romani, guidati dal console Publio Valerio Levino. I Romani persero circa 7000 uomini, in una sconfitta assicurata anche dallo spavento che gli italici ebbero alla visione dei pachidermi, a loro sconosciuti; Pirro perse 4000 uomini, che però furono presto rimpiazzati dai soldati di alcune tribù italiche (Lucani, Bruzi e Messapi) e città greche (Crotone, Locri Epizefiri) le quali, alla notizia della vittoria, ne approfittarono per unirsi a lui. La nuova situazione di vantaggio permise a Pirro di proporre una tregua a Roma, che però fu rifiutata. Pirro passò l'inverno tra il 280 e il 279 in Campania, prima di invadere la Puglia.
Nel 279 a.C. i Romani si scontrarono con Pirro ad Ascoli Satriano, dove furono nuovamente sconfitti (persero 6000 uomini) infliggendo tuttavia, in proporzione, perdite talmente alte alla coalizione greco-italico-epirota (3500 soldati) che Pirro fu costretto a riparare in Sicilia con l'esercito, presso quelle stesse città che pretendeva di proteggere, per evitare ulteriori scontri coi romani. Si narra abbia dichiarato, alla fine della battaglia, «Ἂν ἔτι μίαν μάχην νικήσωμεν, ἀπολώλαμεν» («un'altra vittoria così sui Romani e sarò perduto»).
Da questo episodio l'uso del termine vittoria di Pirro o pirrica.
Pirro nutriva comunque grande stima per il coraggio dei soldati romani; si racconta che camminando sul campo di battaglia tra i cadaveri dei nemici vide che tutti erano stati feriti al petto e i loro volti conservavano ancora quella stessa espressione agguerrita e indomita con cui avevano trovato la morte. Così alzando le braccia al cielo esclamò: "Se avessi avuto simili soldati avrei conquistato il mondo".Si rivelò in questo modo un abile profeta per i secoli a venire.
La campagna militare in Sicilia (278-276)
Nel 278 a.C. Pirro ricevette due offerte allo stesso tempo: da un lato, le città greche di Sicilia gli proposero di scacciare i Cartaginesi (l'altra grande potenza del Mediterraneo occidentale) dalla metà occidentale dell'isola; dall'altro, i Macedoni gli chiesero di salire al trono di Macedonia al posto di re Tolomeo Cerauno, decapitato nell'invasione della Grecia e della Macedonia da parte dei Galli. Pirro giunse a conclusione che le opportunità maggiori venivano dall'avventura in Sicilia, e decise di restare.
Fu così nominato re di Sicilia, e i suoi piani prevedevano la spartizione dei territori fin lì conquistati tra i due figli, Eleno (a cui sarebbe andata la Sicilia) e Alessandro (a cui sarebbe andata l'Italia). Nel 277 a.C. espugnò Erice, la più munita fortezza filo-cartaginese sull'isola, e questo rese quasi naturale la defezione delle altre città controllate dai punici.
Nel 276 Pirro intavolò trattative coi cartaginesi. Per quanto essi fossero già pronti a venire a patti con Pirro, e fornirgli denaro e navi quando fossero stati ripristinati rapporti amichevoli, questi richiese che tutti i cartaginesi lasciassero l'isola per fare del mare una linea di confine tra punici e greci. Al loro rifiuto seguì l'assedio infruttuoso di Lilibeo che, unito al suo comportamento dispotico nei confronti delle colonie siceliote, causò un'ondata di risentimento nei suoi confronti: Pirro fu costretto ad abbandonare la Sicilia inseguito dai Cartaginesi ed a tornare in Italia.
La fine della guerra (275 a.C.)
Qui, i Romani lo aspettavano: nel 275 a.C. mossero a battaglia contro un esercito epirota stanco e provato da anni di lotte lontano dalla patria, presso Maleventum. La sconfitta di Pirro fu decisiva, e in ricordo della battaglia i romani ribattezzarono il villaggio Beneventum.
Ritorno in Epiro
Pirro abbandonò la campagna d'Italia e tornò in Epiro, dove, non pagò del grave prezzo in uomini, denaro e mezzi della sua avventura a Occidente, due anni dopo preparò un'altra spedizione bellica contro Antigono II Gonata: il successo fu facile e Pirro tornò a sedersi sul trono macedone.
Nel 272 a.C., Cleonimo, nobile spartano che si era inimicato le autorità della sua città, chiese a Pirro di attaccarla, affinché lui stesso potesse comandarla nel nome dell'Epiro. Pirro si dichiarò d'accordo nella volontà di ottenere per sé il controllo del Peloponneso, ma il suo esercito trovò un'inaspettata resistenza, tale da impedirgli ogni assalto su Sparta. Gli fu comunque offerta la possibilità di intervenire su una disputa interna alla città di Argo.
Entrato di soppiatto con l'esercito in città, Pirro si ritrovò coinvolto in una confusa battaglia strada per strada. Una donna anziana, vedendolo dal tetto della sua casa, gli lanciò una tegola che secondo quanto si dice, lo colpì e lo distrasse, permettendo a un soldato argivo di ucciderlo.
L'eredità di Pirro
Anche se non fu sempre un re saggio e men che mai moderato, la sua leadership fu instancabile e vivace. È ricordato come uno dei più brillanti capi militari del suo tempo, classificato da Annibale stesso come il secondo più grande, dopo Alessandro Magno. Pirro passò anche alla storia come una persona molto generosa ma fu proprio questa la sua più grande debolezza politica infatti lasciò per i doni, le spese militari e gli aiuti ai cittadini, le casse dello stato in crisi.
Si dimostrò tuttavia molto attivo e capace: riorganizzò lo stato rafforzando i propri poteri, organizzò un governo centrale e abbellì le città. Purtroppo, non lasciando un successore degno di nota, l'Epiro decadde e divenne vassallo prima della Macedonia, poi degli Etoli e infine fu occupato da Roma.
Scrisse un memoriale e diversi libri sull'arte della guerra, testi che andarono perduti nonostante le influenze che lasciarono in seguito su Annibale e gli elogi che ricevettero da Cicerone.
fonte : Wikipedia (la storia di Pirro è tratta dal sito Wikipedia)
Tornare in alto
Il Despotato d'Epiro fu uno degli Stati a nascere dallo smembramento
dell'Impero bizantino nel 1204 durante la quarta crociata. Esso reclamò
il titolo di "erede" dello stesso Impero, come anche l'Impero di Nicea
e l'Impero di Trebisonda.
La nascita di uno stato
La zona dell'Epiro, governata da Michele I, era la vecchia provincia di
Nicopoli.
Dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1204, i cittadini bizantini
cercavano di radunarsi in alcune zone, per difendersi dai Latini.
Michele I vide quindi spalancarsi una porta per il dominio nella zona.
Prendendo con sé dei soldati a lui fedeli, difese dai Latini l'Epiro;
vedendo ciò i cittadini bizantini, sia della Tessaglia che del
Peloponneso, si posero sotto il suo protettorato. Michele I fu
descritto dai cittadini bizantini come un secondo Noè, in quanto dava
riparo ai bizantini dall'"alluvione" dei Latini.
Michele I aveva una famiglia di provenienza Imperiale, visto che Isacco
II di Bisanzio e Alessio III di Bisanzio, erano suoi cugini
Il governo
Michele I d'Epiro, malgrado avesse chiesto a Giovanni Camatero (il
vecchio patriarca di Costantinopoli) di riconoscerlo imperatore
bizantino, non ebbe questo privilegio. L'ex-patriarca gli preferì
Teodoro I di Nicea; non avendo avuto il titolo di imperatore, Michele I
si sottomise alla chiesa cattolica.
Enrico di Fiandra domandò a Michele I fedeltà all'impero latino, e la
ottenne col matrimonio della figlia di Michele I con suo fratello,
Eustachio, nel 1209. Michele I non prestò fede a questa alleanza,
confidando nella protezione delle montagne, che avrebbero fermato tutti
i Latini con cui avesse stretto e rotto alleanze. Nel frattempo i
parenti di Bonifacio fecero rivendicazioni sull'Epiro, e Michele I nel
1210 strinse un'alleanza coi Veneziani per attaccare l'impero di
Tessalonica in mano alla casata dei Bonifacio. Michele I si dimostrò
disumano coi suoi prigionieri, arrivando a crocifiggere alcuni preti
latini. In risposta, Papa Innocenzo III lo scomunicò. Enrico tornò in
città in quell'anno e costrinse Michele I ad una nuova alleanza
nominale.
La fine
Ma questi si dedicò piuttosto a catturare altre città strategiche che
erano in mano latina, come Larissa, Durazzo e Ohrid, e ad assicurarsi
il controllo della via Ignazia per Costantinopoli. Egli prese inoltre
controllo dei porti sul golfo di Corinto. Nel 1214 catturò Corfù ai
Veneziani, ma fu ucciso dal fratellastro Teodoro, che dopo gli subentrò
al trono.
Conflitti con Nicea e la Bulgaria
Teodoro si preparò immediatamente per attaccare Tessalonica, e combatté
i Bulgari. Enrico di Fiandra morì mentre stava per contrattaccare; nel
1217 Teodoro catturò il suo successore Pietro di Courtenay, e molto
probabilmente lo fece uccidere. L'Impero latino, comunque, fu distratto
dal crescente potere di Nicea e non poté impedire a Teodoro di prendere
Tessalonica nel 1224. Nel 1225, in seguito alla presa di Adrianopoli da
parte di Giovanni III di Bisanzio, Teodoro e strappo a sua volta la
città a quest'ultimo; si alleò inoltre con i Bulgari e scacciò i Latini
dalla Tracia. Nel 1227 Teodoro si incoronò Imperatore bizantino,
nonostante non fosse riconosciuto dalla maggior parte dei Greci,
specialmente dal Patriarca di Nicea. Nel 1230 ruppe l'alleanza con la
Bulgaria, sperando di spodestare Ivan Asen II, che lo aveva trattenuto
dall'attaccare Costantinopoli. Nella battaglia di Klokotnitsa (nei
pressi di Haskovo, in Bulgaria), lo zar bulgaro sconfisse, catturò ed
accecò Teodoro; suo nipote Michele II prese il potere in Epiro. Teodoro
fu infine rilasciato e governò Tessalonica come vassallo insieme a suo
fratello Manuele.
Sovranità niceana e bizantina
L'Epiro non si riprese mai completamente dalla sconfitta. Michele II
perse Tessalonica a favore di Nicea nel 1246 e si alleò con i Latini
contro questa. Nel 1248 Giovanni III costrinse Michele a riconoscerlo
come Imperatore, e in cambio lo riconobbe Despota d'Epiro. La nipote di
Giovanni Maria sposò il figlio di Michele Niceforo; inoltre, nello
stesso anno, la figlia di Michele , Anna, sposò Guglielmo II di
Villehardouin, principe d'Acaia, e Michele preferì onorare
quest'alleanza piuttosto che quella con Giovanni. Egli fu sconfitto nel
conflitto seguente e il vecchio despota Teodoro fu nuovamente
catturato, morendo in prigionia.
Teodoro II Lascaris si alleò con Michele, e i loro bambini, fidanzati
da Giovanni molti anni prima, finalmente si sposarono nel 1256; Teodoro
ricevette in cambio Durazzo. Michele non accettò il trasferimento di
questa città, e l'anno successivo si rivoltò, sconfiggendo un'armata
niceana guidata da Giorgio Acropolita. Mentre Michele marciava su
Tessalonica, fu attaccato da Manfredi di Sicilia, che catturò l'Albania
e Corfù. Michele allora si alleò immediatamente con lui, dandogli in
moglie la figlia Elena. Dopo la morte di Teodoro II, Michele, Manuele e
Guglielmo II combatterono il nuovo Imperatore niceano Michele VIII
Paleologo. L'alleanza era molto instabile, e nel 1259 Guglielmo fu
catturato durante la disastrosa battaglia di Pelagonia. Michele VIII
continuò a combattere per conquistare la capitale di Michele II, Arta,
lasciando le sole città di Giannina e Vonitsa nelle mani di Michele II.
Arta fu recuperata nel 1260, mentre Michele II era impegnato contro
Costantinopoli.
Invasioni italiane
Dopo la restaurazione del potere imperiale a Costantinopoli da parte di
Michele VIII nel 1261, egli tartassò ripetutamente l'Epiro,
costringendo il figlio di Michele II, Niceforo, a sposare sua nipote
Anna Cantacuzena nel 1265. Michele VIII considerava l'Epiro uno stato
vassallo, mentre Michele II e Niceforo continuavano ad allearsi coi
Principi d'Acaia e coi Duchi d'Atene. Nel 1267 Corfù e gran parte
dell'Epiro furono catturati da Carlo I d'Angiò, e nel 1271 Michele II
morì; Michele VIII non tentò però di annettere direttamente il
despotato. Egli permise a Niceforo di succedere e di trattare con
Carlo, che prese Durazzo nello stesso anno. Nel 1279 Niceforo si alleò
con quest'ultimo contro Michele, accettando di diventare vassallo di
Carlo. Subito dopo la sconfitta di Carlo Niceforo egli perse l'Albania
a favore dei bizantini.
Sotto Andronico II, Niceforo rinnovò l'alleanza con Costantinopoli;
tuttavia fu convinto ad allearsi con Carlo II di Napoli nel 1292,
sconfitto in seguito dalla flotta di Andronico. Niceforo diede in sposa
la propria figlia al figlio di Carlo, Filippo I di Taranto, e vendette
a lui molti dei suoi territori. Dopo la morte di Niceforo l'influenza
bizantina crebbe leggermente sotto Anna, cugina di Andronico II, che
governò come reggente per il proprio figlio Tommaso. Nel 1306 essa si
rivoltò contro Filippo in favore di Andronico; gli abitanti latini
furono espulsi, ma fu costretta a restituire alcuni territori a
Filippo. Nel 1312 questi smise di reclamare proprio l'Epiro ma pose
piuttosto una rivendicazione sul defunto Impero latino
Collasso del Despotato
Anna riuscì a far sposare Tommaso con una figlia di Andronico, ma egli
fu assassinato nel 1318 da Nicola Orsini, che ne sposò la vedova e
prese il controllo dello Stato. Egli fu riconosciuto da Andronico, ma
fu detronizzato nel 1323 da suo fratello Giovanni. Questi fu avvelenato
nel 1335 da sua moglie Anna, che tenne la reggenza per suo figlio
Niceforo II Orsini. Nel 1337 Andronico III, arrivato nella zona per
supportare gli Albanesi contro gli Ottomani, riconquistò tutto l'Epiro.
Niceforo II si rifugiò in Italia, dove la vedova di Filippo di Taranto,
Caterina di Valois, lo mise a capo di una rivolta in Epiro. La
ribellione fallì, e gli fu fatta sposare Maria Cantacuzena, figlia di
Giovanni VI Cantacuzeno.
L'Impero cadde presto in una guerra civile tra Giovanni V Paleologo e
Giovanni VI, e l'Epiro cadde nelle mani dei Serbi. Niceforo II riuscì a
riconquistarlo nel 1356, aggiungendo all'impero la Tessaglia. Niceforo
morì sedando una rivolta albanese nel 1359, e il Despotato fu
reintegrato nell'Impero. Fu nuovamente perso nei decenni seguenti a
favore della famiglia Tocco di Cefalonia, che in seguito dovette
lasciarlo agli Ottomani.
fonte : Wikipedia (la storia del Depostato dell'Epiro è tratta dal sito Wikipedia)
Tornare in altoAli Pascià Telepeni
Ali Pascia di Tepeleni (o Ali Pashe Tepelena o Ali
PAshe Tepedelenli) naque a Tepeleni (attualmente in Albania nel 1744 e
morì a Ioannina (giannina) nel 1822.
Fu il governatore della maggior parte dei territori dell'Impero
ottomano siti in Europa noto come il Leone di Giannina. Durante il suo
governatorato fu molto crudele e sanguinario.
Il suo progetto era quello di creare un suo impero indipendente da
quello ottomano fu così che strinse numerose alleanze tra cui quelle
con i francesi e gli inglesi e conquistò l'Albania, l'Epiro e parte
della Tessaglia dichiarando la loro indipendenza dall'Impero Ottomano
nel 1819. La reazione turca non si fece attendere e gli dichiarò guerra
costringendolo alla fuga nella città di Ioannina. Questa fu assediata
per 2 anni fino a che le truppe comandate da Mahmud II catturarono il
sultano e lo giustiziarono insieme ai suoi figli nella fortezza sul
lago Pamvotis e a Costantinopi vennero esposte le loro teste. La spinta
dell'indipendenza Greca era solo all'inizio e non tardò ad arrivare.
Nonostante la feroce repressione la popolazione greca resisteva e
Mahmud chiese aiuto al vassallo d'Egitto Mehemet Alì di origini
albanesi altrettanto conosciuto per la sua ferocia e crudeltà.
Il 20 ottobre 1827 con la battaglia di Navarino fu un importante tappa
per l'indipendenza greca.
Le flotte russe, inglesi e francesi vennerò mandate nelle acque greche
a scopo persuasivo al fine di evitare ulteriori azioni violente verso
la popolazione senza istruzioni offensive ma solo di vigilanza.
Però di fronte alle provocazioni degli ottomani che spararono alcuni
colpi di moschetto contro una lancia britannica si scatenò il
combattimento e nel giro di poche ore la flotta ottomana venne
completamente annientata.
La Republica Autonoma del Nord Epiro
La Repubblica Autonoma del Nord Epiro (in greco: Αυτόνομος Δημοκρατία της Βορείου Ηπείρου, Aftónomos Dimokratia Tis Voreíou Ipeírou) è stata una entità autonoma di breve durata, fondata il 28 febbraio 1914 subito dopo le guerre balcaniche, dai greci che vivono nel sud dell'Albania (Epiroti del Nord). La zona, conosciuta come "Epiro del Nord" per i Greci e con una presenza di cittadini greci, era stata occupata dall'esercito greco durante la prima guerra balcanica (1912-1913) ma il Protocollo di Firenze assegnò il territorio al nuovo stato albanese.
Questa decisione fu respinta dai greci locali, e non
appena l'esercito greco si ritirò sulla nuova frontiera, un governo
autonomo. venne istituito a Argirocastro con il tacito sostegno dalla
Grecia. Nel mese di maggio l'autonomia fu confermata dalle grandi
potenze con il Protocollo di Corfù. L'accordo assicurava alla regione
una propria amministrazione, riconoscendo i diritti della popolazione
locale e prevedendo l'autogoverno sotto la sovranità nominale
dell'Albania. Questo protocollo non fu mai attuato perché nel mese di
agosto il governo albanese crollò. A seguito di ciò l'esercito greco
ri-occupò l'area dopo lo scoppio della prima guerra mondiale (ottobre
1914). L'Epiro del Nord era nella lista dei territori che sarebbero
stati ceduti alla Grecia dopo la guerra, ma il ritiro del sostegno
italiano e la sconfitta della Grecia nella campagna in Asia Minore
portarono alla cessione definitiva all'Albania nel 1921.
Epiro del Nord e le guerre balcaniche
Nel marzo del 1913 durante la prima guerra balcanica l'esercito greco,
dopo aver superato le fortificazioni ottomane a Bizani, liberò Ioannina
e subito dopo prese ad avanzare a nord. Himara era già sotto il
controllo greco dal 5 novembre 1912, quando un abitante locale il
maggiore della gendarmeria Spyros Spyromilios, prese il controllo della
regione senza scontrarsi con la resistenza. Alla fine della guerra le
forze armate greche controllavano gran parte della regione storica
dell'Epiro, realizzando una linea dalle montagne Ceraunian (sopra
Himara) nella costa ionica, al lago di Prespa ad est.
Nel contempo il movimento per l'indipendenza albanese aveva ripreso
slancio. Il 28 novembre 1912, in Valona, Ismail Qemali dichiarò
l'indipendenza dell'Albania, a cui seguì la formazione di un governo
provvisorio, che tuttavia esercitò la sua autorità solo in luoghi nelle
immediate vicinanze di Valona. Altrove, il generale ottomano Essad
Pasha formò una "Senato centrale albanese" a Durazzo, mentre i membri
più conservatori delle tribù albanesi ancora speravano in un ripristino
della sovranità ottomana. La maggior parte del territorio che forma
oggi lo Stato albanese fu occupata dai greci nel sud e dei serbi del
nord.
Delimitazione del confine greco-albanese
La nascita di uno stato indipendente albanese fu sostenuto dalla grandi
potenze europee, in particolare da Austria-Ungheria e Italia[6].
Entrambi questi statti cercavano di controllare l'Albania, che, nelle
parole del ministro degli Esteri italiano, Tommaso Tittoni, avrebbe
dato una "supremazia incontestabile nell'Adriatico". Il possesso serbo
di Scutari e la possibilità che il confine con la Grecia corresse poche
miglia a sud di Valona furono quindi fortemente contrastati da questi
stati.
Nel settembre 1913, fu convocata una commissione internazionale delle
potenze europee per determinare il confine tra la Grecia e l'Albania.
Grazie alle pressioni italiane e austro-ungariche fu stabilita la
cessione all'Albania della regione del Nord Epiro. I delegati della
commissione si divisero allineandosi sue due posizioni: gli italiani e
gli austro-ungarici insistendo sul fatto che i distretti fossero
albanesi, mentre quelli della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia,
Russia) ritenevano che, sebbene in alcuni villaggi le generazioni più
anziane parlassero albanese, la generazione più giovane era greca nella
sua visione intellettuale, nel sentimento, e nelle aspirazioni.
Protocollo di Firenze
Con la definizione dei confini del nuovo Stato la regione del Nord
Epiro fu assegnato all'Albania, nell'ambito di un protocollo di
Firenze, firmato il 17 dicembre 1913. Conseguentemente, il 21 febbraio
1914, gli ambasciatori delle grandi potenze consegnarono una nota al
governo greco per chiedere l'evacuazione della zona da parte
dell'esercito greco. Il primo ministro greco, Eleftherios Venizelos,
accettò nella speranza di una soluzione favorevole alla Grecia ad altri
problemi in sospeso, quali, ad esempio, il riconoscimento della
sovranità greca sulle isole del nord Egeo orientale
Reazioni
L'ultimo censimento ottomano svolto nel 1908 registrava 128.050 di
religione greco ortodossa e 95.661 di religione islamica nella regione.
Della popolazione ortodossa circa 30.000-47.000 persone parlavano
esclusivamente greco. Il resto della comunità ortodossa era bilingue,
parlava un dialetto albanese a casa ma era alfabetizzato esclusivamente
in greco, lingua utilizzata nelle loro attività culturali, commerciali
ed economiche. Inoltre, essi espressero un forte sentimento pro-greco e
furono tra i primi a sostenere il successivo movimento autonomista
separatista. Considerando queste condizioni, la lealtà nel Nord Epiro
ad un governo albanese, guidato da una serie di leader esclusivamente
musulmani, non poteva essere garantita.
Dichiarazione di Indipendenza
Questa svolta degli eventi fu molto impopolare tra i membri del partito
pro-greco nella zona che si sentirono traditi dal governo greco, perché
non fece nulla per sostenerli militarmente. Allo stesso tempo, il
ritiro graduale delle truppe greche avrebbe permesso alle forze
albanesi di prendere il controllo della regione. Per evitare questa
possibilità, decisero di dichiarare una propria identità politica e di
autogoverno. Georgios Christakis-Zografos,
un distinto statista epirota di Lunxhëri ed ex ministro degli esteri
greco, prese l'iniziativa e discusse la situazione con i rappresentanti
locali in un "Consiglio Panepirotico". Di conseguenza, il 28 febbraio
1914, fu dichiarata la nascita della Repubblica Autonoma del Nord Epiro
in Argirocastro e fu costituito un governo provvisorio per sostenere
gli obiettivi dello Stato. Christakis-Zografos stesso divenne
presidente del governo provvisorio. Nel suo discorso del 2 marzo,
spiegò che le aspirazioni degli epiroti del nord erano state totalmente
ignorate e che le grandi potenze non solo avevano respinto la
possibilità di renderli autonomi all'interno dello stato albanese, ma
avevano anche rifiutato di dare garanzie circa i loro fondamentale
diritti umani. Zografos concluse dicendo che gli epiroti del nord non
avrebbero accettato il destino che le Potenze avevano imposto loro:
« A causa di questo diritto inalienabile di ogni popolo, il
desiderio delle grandi potenze di creare per l'Albania un titolo valido
e rispettato per dominio sulla nostra terra e per soggiogarci è
impotente di fronte ai fondamentali della giustizia umana e divina.
Nemmeno la Grecia ha il diritto di continuare a occupare il nostro
territorio per poi tradirci con un tiranno straniero contro la nostra
volontà. Libero da tutti i legami, incapace di vivere unito con
l'Albania in queste condizioni, l'Epiro del Nord proclama la sua
indipendenza e invita i suoi cittadini a sottoporsi ad ogni sacrificio
per difendere l'integrità del territorio e la sua libertà da qualsiasi
attacco »
La bandiera del nuovo stato fu una variante della bandiera nazionale
greca, costituita da una croce bianca centrata su fondo azzurro e
sormontato dall'aquila imperiale bizantina in nero.
Nei giorni seguenti Alexandros Karapanos, nipote di Zografos e deputato
al parlamento greco per Arta, fu nominato ministro degli esteri.
Il colonnello Dimitrios Doulis, di Nivice, si dimise dal suo posto
nell'esercito greco e si unì al governo provvisorio come ministro degli
affari militari. Fin dai primi giorni riuscì a mobilitare un esercito
composto da oltre 5.000 soldati volontari. Inoltre, il vescovo locale
Vasileios di Dryinoupolis divenne ministro della religione e della
giustizia. Un certo numero di ufficiali di origine epirota (non
superiore a 30), così come soldati semplici, abbandonarono le loro
posizioni nell'esercito greco e si unirono ai rivoluzionari. Ben presto
si formarono altri gruppi armati, come la "Compagnia Sacra" (dal greco
Ιερός Λόχος) o come gli uomini di Spyromilios intorno Himarra, al fine
di respingere qualsiasi incursione nel territorio rivendicato da parte
del governo autonomo. I primi distretti che aderirono al movimento
autonomista al di fuori di Argirocastro furono Himara, Saranda e
Permet.
La reazione della Grecia
Il governo greco era restio ad adottare iniziative apertamente a
sostegno della rivolta. Funzionari politici e militari continuarono con
la realizzazione di un lento processo di evacuazione, che ebbe inizio a
marzo e terminò il 28 aprile. Ufficialmente qualsiasi forma di
resistenza fu scoraggiata, e furono date assicurazioni dalle grandi
potenze e dalla commissione di controllo internazionale (una
organizzazione fondata dalle grandi potenze, al fine di garantire la
pace e la stabilità nella regione), circa il rispetto dei diritti della
minoranza greca. Dopo la dichiarazione di Argirocastro, Zografos inviò
un messaggio ai rappresentanti locali a Korca per invitarli ad aderire
al movimento, ma il comandante militare greco della città, il
colonnello Kontoulis, fu stato molto rigoroso nell'eseguire i suoi
ordini ufficiali e dichiarò la legge marziale, minacciando di sparare
ad ogni cittadino che avrebbe sollevato la bandiera del Nord Epiro.
Quando, nella città di Erseka, il vescovo locale Spyridon proclamò
l'autonomia, Kontoulis lo fece immediatamente arrestare.
Il 1 ° marzo, Kontoulis cedette la regione alla gendarmeria albanese di
nuova costituzione, costituita principalmente da ex disertori
dell'esercito ottomano e sotto il comando di ufficiali olandesi e
austriaci. Il 9 marzo, la marina greca bloccò il porto di Saranda. Ci
furono anche conflitti sporadici tra l'esercito greco e unità epirote
con poche vittime su entrambi i lati.
Negoziati e conflitti armati
Non appena l'esercito greco si ritirò, scoppiarono conflitti armati fra
albanesi e forze del Nord Epiro. Nelle regioni di Himarra, Saranda,
Argirocastro e Delvina, la rivolta è stata attiva sin dai primi giorni
della dichiarazione, e le forze autonomiste riuscirono ad ingaggiare
con successo la gendarmeria albanese, nonché unità albanesi irregolari.
Nel frattempo Zografos, considerando che le grandi potenze non avrebbe
approvato l'annessione del Nord Epiro alla Grecia, suggerì tre
possibili soluzioni diplomatiche:
1) Piena autonomia sotto la sovranità nominale del principe albanese.
2) Un'autonomia amministrativa con adozione del sistema cantonale.
3) Diretto controllo e gestione da parte delle potenze europee.
Il 7 marzo il principe Guglielmo di Wied arrivò in
Albania e nel tentativo di assumere il controllo del Nord Epiro scatenò
intensi combattimenti a nord di Argirocastro, nella regione di Cepo,
dove unità della gendarmeria albanese tentarono di infiltrarsi a sud,
ma furono bloccati dalla resistenza da parte epirota. Il giorno
seguente (11 marzo) fu raggiunto in Corfù un accordo provvisorio con la
mediazione del colonnello olandese Thomson . La parte albanese era
pronta ad accettare un governo autonomo nord-epirota con poteri
limitati, ma Karapanos insistette su uno status completamente autonomo,
soluzione che fu respinta dai delegati albanesi portando i negoziati ad
un punto morto. Nel frattempo, le bande epirote entrarono ad Ersek,
Frashër e Korce.
A questo punto, con l'eccezione di Korce tutta la regione reclamata dal
governo provvisorio era sotto il suo completo controllo. Il 22 marzo,
una unità della "Compagnia Sacra" di Bilisht raggiunse la periferia di
Korce, si unì ai guerriglieri locali ed ebbero luogo feroci
combattimenti di strada con le forze albanesi. Per alcuni giorni le
unità nord-epirote tennero la città sotto controllo, ma il 27 marzo
arrivarono i rinforzi albanesi e Korce fu di nuovo sotto il controllo
della gendarmeria albanese.
Nel frattempo, la Commissione di controllo internazionale, al fine di
evitare una escalation dei conflitti armati, decise di intervenire. Il
6 maggio, Zografos ricevette una comunicazione circa la possibilità di
avviare negoziati su una nuova base. Zografos accettò la proposta e
l'armistizio fu ordinato il giorno seguente. Nel tempo intercorso fino
alla ricezione dell'ordine di cessate-il-fuoco, le forze epirote
avevano conquistato le alture di Morava vicino Korce, rendendo
imminente la consegna della città da parte della guarnigione albanese
Riconoscimento dell'autonomia e scoppio
della prima guerra mondiale
Protocollo di Corfu
I negoziati furono condotti nell'isola di Corfù il 17 maggio 1914, dove
rappresentanti albanese e epiroti firmarono un accordo noto come
Protocollo di Corfù. Secondo i termini, le due province di Korytsa e
Argirocastro che costituivano l'Epiro del Nord avrebbero acquisito
completa esistenza autonoma (come separatum corpus) sotto la sovranità
nominale albanese del Principe Wied. Il governo albanese avrebbe avuto
il diritto di nominare e licenziare i governatori e i funzionari di
alto rango, tenendo conto per quanto possibile del parere della
popolazione locale. Altri termini includevano l'assunzione
proporzionale dei nativi nella gendarmeria locale e il divieto di
utilizzo di forze militari composte da persone non indigene della
regione. Nelle scuole ortodosse, la lingua greca sarebbe stato l'unico
mezzo di istruzione, fatta eccezione per le prime tre classi. La lingua
greche e quella albanese erano paritarie in tutti gli affari pubblici.
I privilegi risalenti all'era ottomana di Himara furono rinnovati, e
uno straniero stava per essere nominato come suo "capitano" per i
successivi dieci anni.
La messa in opera del protocollo fu affidata alla commissione di
controllo internazionale, così come l'organizzazione della pubblica
amministrazione e dei dipartimenti di giustizia e di finanziamento
della regione. La creazione e la formazione della gendarmeria locale
doveva essere condotta da ufficiali olandesi.
« Territorio: Tutte le disposizioni in questione si applicano per le
popolazioni dei territori precedentemente occupati dalla Grecia e
assegnati all'Albania.
Forze armate: salvo in caso di guerra o di rivoluzione, unità militari
non autoctone non possono essere trasferite o utilizzate in queste
province.
Occupazione: la Commissione di Controllo Internazionale (ICC), prenderà
possesso del territorio in questione, a nome del governo albanese,
procedendo in sua vece. Gli ufficiali della missione olandese subito
inizieranno l'organizzazione della gendarmeria locale ... Prima
dell'arrivo degli ufficiali dei Paesi Bassi, saranno adottate le misure
necessarie dal governo provvisorio di Argirocastro per la rimozione dal
paese di tutti gli elementi armati stranieri. Tali disposizioni non
verranno applicate solo in quella parte delle province di Korytsa ora
occupata militarmente dall'Albania, ma in tutte le altre regioni
meridionali.
Libertà di linguaggio: è assicurato il permesso di utilizzare entrambe
le lingue albanese e greco in tutte le autorità, tra cui le Corti,
nonché nei consigli elettivi.
Garanzia: i poteri che, per la Conferenza di Londra, hanno garantito
l'istituzione di Albania e hanno stabilito la Corte penale
internazionale garantiscono l'esecuzione e la manutenzione delle
disposizioni che precedono. »
( Dal Protocollo di Corfu, 17 Maggio, 1914)
Il Protocollo è stato ratificato dai rappresentanti delle grandi
potenze ad Atene il 18 giugno, e da parte del governo albanese il 23
giugno. I rappresentanti epiroti riuniti in assemblea a Delvina diedero
l'approvazione definitiva ai termini del protocollo, anche se i
delegati di Himara protestarono sostenendo che solo l'unione con la
Grecia poteva essere una soluzione praticabile. Durante primi di luglio
le città di Tepelene e Korce (8 luglio), passarono sotto il controllo
del governo provvisorio del Nord Epiro.
Instabilità e disconoscimento
Poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, la situazione in
Albania era instabile ed emerse il caos politico. Il paese era
suddiviso in una serie di governi regionali. L'anarchia nel centro e
nel nord dell'Albania impedì il ripristino della pace nonostante il
protocollo firmato a Corfù, e sporadici conflitti armati continuarono a
verificarsi. Il principe Guglielmo lasciò il paese il 3 di settembre.
Nei giorni seguenti una unità epirota, senza l'approvazione da parte
del governo provvisorio, lanciò un attacco contro il presidio albanese
di Berat e sono riuscì a catturare per qualche giorno la sua
cittadella. Nel frattempo le truppe albanesi fedeli a Essad Pasha
avevano avviato piccole operazioni armate. Il primo ministro greco
Eleftherios Venizelos era molto preoccupato da questi eventi,
soprattutto per la possibilità che questa situazione di instabilità si
diffondesse al di fuori dell'Albania e scatenasse un conflitto più
ampio. Il 27 ottobre, dopo aver ricevuto l'approvazione delle grandi
potenze, l'esercito greco è entrato nella zona per la seconda
volta. Il governo provvisorio cessò formalmente di esistere,
dichiarando di aver realizzato i suoi obiettivi.
Conseguenze
Amministrazione Greca (ottobre 1914-settembre 1916)
Durante l'amministrazione greca, e mentre continuava la prima guerra
mondiale, fu concordato tra la Grecia, l'Italia e le grandi potenze che
la soluzione definitiva della questione dell'Epiro del Nord doveva
essere gestita alla fine della guerra. Nel mese di agosto 1915,
Eleftherios Venizelos dichiarò nel parlamento greco che "solo errori
colossali" avrebbero potuto separare la regione della Grecia. Dopo le
dimissioni Venizelos nel mese di dicembre i successivi governi
monarchici erano decisi a sfruttare la situazione tentando di
predeterminare il futuro della regione incorporandola formalmente
all'interno dello Stato greco. Nei primi mesi del 1916, il Nord Epiro
partecipò alle elezioni greche ed elesse 16 rappresentanti presso il
Parlamento greco. Nel mese di marzo fu dichiarata ufficialmente
l'unione della regione con la Grecia, e la zona fu divisa nelle
prefetture di Argyrokastro e Korytsa.
Occupazione italo-francese e periodo tra le due guerre.
Francobollo emesso dalle autorità postali nord-epirote con la bandiera
dello stato.La situazione di instabilità politica che seguì in Grecia
nei mesi successivi, con lo scisma nazionale tra i realisti e i
sostenitori di Venizelos, portò la Grecia ad essere divisa in due
stati. Questa situazione portò le forze italiane (di stanza ad
Argirocastro) e quelle francesi (a Korca), assecondando anche lo
sviluppo del Fronte dei Balcani, ad entrare nella zona nel settembre
del 1916, dopo aver ricevuto l'approvazione della Triplice Intesa.
Quando la guerra finì (1918), la tendenza a ristabilire l'autonomia
della regione continuò.
In base ai termini della Conferenza di pace di Parigi del 1919 (Accordo
Tittoni-Venizelos) l'Epiro settentrionale doveva essere assegnato alla
Grecia, ma gli sviluppi politici, come la sconfitta greca nella guerra
greco-turca (1919-1922) e una forte opposizione italiana a favore
d'Albania portarono a cedere l'area all'Albania nel 1921.
Nel febbraio 1922 il Parlamento albanese approvò la Dichiarazione dei
diritti delle minoranze. Tuttavia, la dichiarazione riconosceva i
diritti delle minoranze solo in una zona circoscritta (zona di
Argirocastro, distretto di Saranda e 3 villaggi nella zona di Himara),
in contrasto con il Protocollo di Corfù e senza mettere in atto
qualsiasi forma di autonomia locale. Come conseguenza immediata, tutte
le scuole greche nella zona di esclusione sono state costretti a
chiudere fino al 1935.
La questione dell'autonomia del Nord Epiro.
Il punto di vista albanese, adottato anche da fonti italiane e
austriache del tempo, sostiene che il movimento del Nord Epiro fu
supportato direttamente dallo stato greco con l'aiuto di una minoranza
degli abitanti della regione, provocando il caos e l'instabilità
politica in tutta l'Albania[39]. Nella storiografia albanese, il
Protocollo di Corfù o è assente, o la sua interpretazione fondata su
posizioni diverse: viene visto come un tentativo di dividere lo Stato
albanese e come prova del mancato rispetto da parte delle grandi
potenze per l'integrità nazionale dell'Albania.
Con la ratifica del Protocollo di Corfù i termini "Epiro del Nord" (che
era il nome comune dello Stato) e "Epiroti del Nord" (i suoi cittadini)
ha acquisito uno status ufficiale. Tuttavia, dopo il 1921, quando la
regione fu ceduta all'Albania, questi termini sono stati considerati
come associati all'azione dell'irredentismo greco e non hanno acquisito
uno status giuridico per le autorità albanesi D'altra parte, chiunque
facesse uso di questi termini venne perseguitato come un 'nemico dello
Stato'. La questione dell'autonomia resta all'ordine del giorno delle
relazioni diplomatiche greco-albanesi come parte della questione
dell'Epiro settentrionale. Nel 1960, il segretario generale sovietico
Nikita Kruscev chiese al suo omologo albanese di dare autonomia alla
minoranza greca, ma questa iniziativa non diede alcun risultato. Nel
1991, dopo il crollo del regime comunista in Albania, il presidente
della organizzazione della minoranza greca Omonoia chiese l'autonomia
del Nord Epiro in virtù del fatto che i diritti previsti dalla
Costituzione albanese sono estremamente precari. Questa proposta è
stata respinta, stimolando così l'ala radicale della minoranza che
richiede l'unione con la Grecia. Due anni più tardi, quando il
presidente di Omonoia spiegò pubblicamente che l'obiettivo della
minoranza greca era la creazione di una regione autonoma all'interno
dei confini albanesi in conformità alle disposizioni del protocollo di
Corfù, fu subito arrestato dalla polizia albanese. In tempi più recenti
(1997), alcuni analisti albanesi hanno sostenuto che è alta la
possibilità di una repubblica separatista ispirata dalla minoranza greca
fonte : Wikipedia (la storia del Depostato dell'Epiro è tratta dal sito
Wikipedia)
Per consigli suggerimenti o qualunque informazione potete scrivere a info@vinnietravel.com
Epiro